/

Renate Rasp: l’irriverenza nel corpo e nelle parole

La “specialista del male” che sfidò il sistema culturale tedesco.

I meravigliati spettatori nel panopticon delle astute femmes de lettres allungano volentieri il collo verso ogni nuova arrivata, tanto più se quella nuova arrivata è una come Renate Rasp.

Il critico letterario Klaus Jeziorkowski descrisse così le prime impressioni suscitate dall’ingresso di Renate Rasp nel Gruppo 47, il movimento culturale fondato nel 1947 che voleva rinnovare la cultura tedesca, oscurata e repressa dal regime nazista. Durante uno dei loro incontri, Rasp recitò sei delle sue poesie; i presenti le chiesero di ripeterle, sorpresi che una giovane emergente potesse scrivere e presentare dei testi così brillanti e critici con tale schiettezza e distacco emotivo. Secondo quanto riportato, Günter Grass avrebbe poi commentato: «Non è che ci mettono contro il muro, ci scrivono contro il muro, queste donne». Il giudizio sugli scritti di Rasp passerà poi in secondo piano rispetto al fatto che la scrittrice è «per di più fotogenica» e figlia d’arte, trasformando così i suoi lettori in spettatori che allungano il collo, come suggerisce la citazione sopra, interessati più all’immagine dell’autrice che ai testi da lei prodotti.

Ma fu Rasp stessa a farsi gioco dei critici e del mercato editoriale sfruttando il proprio corpo, quando nel 1968, durante una lettura delle sue poesie alla Fiera del Libro di Francoforte, si presentò a seno nudo. Una performance che fece scandalo e che venne inquadrata nel contesto della crescente attenzione per la sessualizzazione del corpo delle donne nei media. La critica contemporanea colloca dunque Renate Rasp, insieme a Gisela Elsner e Gabriele Wohmann, tra le “specialiste del male”, ovvero quelle scrittrici che, con testi satirici e cupi, arricchirono (e sconvolsero) il panorama letterario dominato dagli uomini alla fine degli anni Sessanta.

Renate Rasp nacque il 3 gennaio 1935 a Berlino. Il padre era l’attore Fritz Rasp, noto per il film Metropolis e molte altre pellicole, spesso nel ruolo di personaggi malvagi. La madre era Charlotte Petermann, figlia del drammaturgo Felix Hollaender. Nonostante Renate Rasp desiderasse affermarsi indipendentemente dalla fama paterna, la sua provenienza da una famiglia di artisti influenzò inevitabilmente la percezione del suo lavoro da parte del pubblico.

Conseguito il diploma di scuola superiore, nel 1954 iniziò a studiare recitazione. Successivamente si dedicò agli studi di pittura all’Accademia di Belle Arti di Berlino e a quella di Monaco. Avviata una carriera come grafica pubblicitaria, si dedicò alla scrittura solo dopo i trent’anni.

Renate Rasp insieme alle scrittrici Helga Novak, Gabriele Wohmann e Barbara König alla trasmissione televisiva Literarisches Colloquium, ottobre 1969. © Hulton Archive

Nel 1967, dopo il suo “celebre” ingresso nel Gruppo 47, lo scrittore Dieter Wellershoff le commissionò un racconto che venne inserito nell’antologia Wochenende: Rasp fu l’unica dei sei autori inclusi nel volume a farsi un nome, con un racconto accolto come un testo esemplare del Nuovo Realismo. “Spaziergang nach St. Heinrich” descrive una passeggiata lungo il lago di Starnberg, in Baviera, e si distingue per il suo tono ironico e surreale. La narrazione segue una donna che si avventura in un’escursione apparentemente ordinaria, ma che si trasforma a poco a poco in un’esperienza ricca di osservazioni critiche sulla società, il ruolo della donna e le convenzioni sociali. Con uno stile caratterizzato da humor e satira, Rasp utilizzò l’ambientazione idilliaca per mettere in luce contraddizioni e situazioni grottesche della vita quotidiana e smascherare ipocrisie e convenzioni della borghesia tedesca. Nello stesso anno, la casa editrice Kiepenheuer & Witsch pubblicò il suo romanzo d’esordio Ein ungeratener Sohn (Kuno), accolto positivamente dalla critica. Il libro distorceva la realtà sociale dell’epoca fino a renderla irriconoscibile, diventando, secondo Hans Bender, direttore della rivista letteraria «Akzente», una “satira che non permette di sorridere”.

Egon Schiele, Junge im grünen Mantel, 1910, collezione privata.

Ein ungeratener Sohn segue i tentativi di Kuno di compiacere il patrigno, accettando un regime di disciplina il cui obiettivo è la sua metamorfosi in un albero. Il piano fallisce quando il patrigno pota il bambino: la descrizione grafica di quel momento lo riporta alla sua forma umana, poiché sanguina invece di secernere linfa. Il tentativo di trasformarlo in un albero deve essere letto come una satira sugli effetti dell’educazione autoritaria, raccontata attraverso una voce narrante altamente soggettiva. Il romanzo stesso è costruito su una struttura a doppio flashback, con Kuno ormai adulto che narra la sua storia da due diversi momenti temporali: il periodo della disciplina e quello successivo al suo fallimento. 

Con il passare del tempo, il romanzo trovò sempre meno consensi, a causa del suo contenuto ritenuto sadico e masochistico. Un libro che suscita avversione, purtroppo, non ha possibilità di entrare nelle classifiche dei bestseller, ma rimane nella memoria della critica letteraria.

Nel 1973 uscì anche un film tratto da Ein ungeratener Sohn, diretto da un collettivo di registi e prodotto dalla Hochschule für Fernsehen und Film München (HFF). Tuttavia, la pellicola è introvabile negli archivi della scuola di cinema di Monaco, rendendolo di fatto un medium perduto.

Nel 1969, sempre per i tipi di Kiepenheuer & Witsch, venne pubblicata la prima raccolta di poesie di Renate Rasp, Eine Rennstrecke, seguita quattro anni più tardi da Chinchilla. Leitfaden zur praktischen Ausübung, un’opera peculiare che mescola ironia e satira. Il libro, pubblicato in Italia nel 1976 per Il Formichiere con il titolo Guida all’esercizio pratico della prostituzione, suggerisce un approccio manualistico, ma in realtà il testo si presenta come una riflessione mordace sulla società e sulle convenzioni culturali, impiegando uno stile giocoso e dissacrante.

Alla raccolta di poesie Junges Deutschland (1978) seguì Zickzack (1979), un romanzo che racconta la storia di una giovane donna cresciuta in Italia che si trasferisce a Monaco per prepararsi agli studi universitari in entomologia. Tuttavia, invece di concentrarsi sugli insetti, si ritrova circondata da uomini invadenti e situazioni inaspettate: la protagonista esplora la sua nuova realtà, osserva questi individui con la stessa curiosità con cui studierebbe gli insetti sotto il microscopio. Zickzack è un’opera ironica e satirica che esplora il mondo maschile attraverso lo sguardo distaccato e analitico di una giovane donna, inserendosi perfettamente nel percorso sperimentale di Renate Rasp, che in Ein ungeratener Sohn e Chinchilla aveva già dimostrato un forte interesse per la società della sua epoca.

Dopo un periodo trascorso a Newquay, una cittadina sulla costa settentrionale della Cornovaglia, la scrittrice si sposò con il giornalista Klaus Budzinski e visse dal 1990 a Gräfelfing, nei pressi di Monaco di Baviera, dove morì il 21 luglio 2015, pressoché dimenticata dal mondo letterario. Sebbene la sua scomparsa sia passata quasi inosservata, l’eredità di Renate Rasp rimane significativa e le sue opere, caratterizzate da una satira pungente e una critica sociale profonda, continuano a offrire spunti di riflessione sulla società contemporanea e sulle dinamiche di potere.

Renate Rasp, ottobre 1967. © Renate von Mangoldt

Bibliografia
H. Bender, “Kuno wird kupiert” in «Der Spiegel», 48, 1967, pp. 180-182.
C. Smith-Prei, Revolting Families: Toxic Intimacy, Private Politics, and Literary Realisms in the German Sixties, University of Toronto Press, Toronto, 2013, pp. 128-160.
C. Smith-Prei, “Satirizing the Private as Political: 1968 and Postmillenial Family Narratives” in «Women in German Yearbook», vol. 25, 2009, pp. 76-99.
B. Wanning, “Der eingetopfte Held. Kulturökologische Relektüre des Romans Ein ungeratener Sohn von Renate Rasp” in «Komparatistik online. Komparatistische Internet-Zeitschrift», vol. 2, 2015, pp. 43-54.


Kuno

Renate Rasp

Il patrigno di Kuno ha un obiettivo preciso: fare di lui un albero. Un esperimento pedagogico assurdo e mostruoso, portato avanti con rigore, a cui la madre assiste senza ribellarsi e che il ragazzo, prigioniero di un’educazione oppressiva, accetta con inquietante zelo. Pubblicato nel 1967, oggi Kuno torna a farsi spazio come un classico da riscoprire, un monito feroce su ciò che accade quando l’educazione si trasforma in dominio e l’amore in costrizione.

Acquista

Ultime storie

Arethusa

Il libro scomparso delle poesie di Elsa Schiaparelli.