Nata il 15 novembre 1869, Charlotte Mew è una figura enigmatica e potente nella scena letteraria inglese a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Proveniente da una famiglia con radici nella campagna dell’Isola di Wight, Mew vive gran parte della sua vita a Londra, in un’epoca di profonde trasformazioni sociali, religiose e intellettuali. Il suo percorso esistenziale, segnato da gioie intense ma spesso offuscate dal dolore e dalla perdita, si intreccia indissolubilmente con la sua produzione letteraria, caratterizzata da una voce unica e da una penetrante esplorazione delle complessità dell’esistenza.
La sua infanzia è influenzata da figure contrastanti. Da un lato, la governante Elizabeth Goodman, una donna religiosa e severa, instilla nella giovane Charlotte un profondo senso di colpa e la convinzione che ogni gioia debba essere pagata. Dall’altro lato, l’esperienza scolastica alla Gower Street School e, soprattutto, l’influenza della sua insegnante Lucy Harrison, con i suoi ideali di solidarietà e impegno sociale, le offrono un esempio di indipendenza e libertà di pensiero che segna profondamente la formazione di Mew.

La sua giovinezza è però attraversata da dolorose tragedie familiari: la morte prematura di tre fratelli e, in seguito, la malattia mentale che colpisce il suo unico fratello Henry e la sorella minore Freda. Questa predisposizione ereditaria alla malattia è una delle ragioni per cui Charlotte e la sorella Anne decidono di non sposarsi, sentendo la responsabilità di non trasmettere quella che percepiscono come una “macchia mentale”: una scelta dettata dalla sofferenza che contribuisce a rafforzare la loro indipendenza.
La morte del padre nel 1898 segna un punto di svolta nella vita di Mew. Costretta ad assumere responsabilità maggiori all’interno del nucleo familiare e consapevole delle difficoltà economiche, inizia a dedicarsi con maggiore serietà alla scrittura. La fine dell’epoca vittoriana e l’emergere del nuovo secolo portano con sé un clima di fermento culturale e sociale, in cui la scrittrice, con la sua indipendenza di spirito e il suo disprezzo per le convenzioni femminili, si inserisce a pieno titolo come una New Woman.
La sua produzione letteraria si snoda tra racconti, saggi e soprattutto poesie. Il suo primo racconto, “Passed”, pubblicato nel 1894 sulle pagine di «The Yellow Book», già rivela i temi centrali della sua poetica: la perdita della fede, la difficoltà di vivere secondo gli ideali cristiani in un mondo percepito come privo di Dio, l’alienazione e la condizione femminile. Ma è con la poesia che Charlotte Mew raggiunge la sua espressione più autentica e potente. La pubblicazione nel 1916 della sua prima raccolta di poesie, The Farmer’s Bride, la consacra come una delle voci più originali e significative del suo tempo. Il titolo stesso della raccolta rimanda a una delle poesie più celebri, “La sposa del fattore”, la tragica storia di una giovane donna che rifiuta il marito e si chiude in una solitudine impenetrabile, abbandonata in un mondo rurale di oppressione, dove la sua voce è soffocata e la sua libertà completamente annullata.
Tre estati da che scelsi una fanciulla,
Troppo giovane forse—ma c’è ben altro da fare
Al tempo del raccolto che indugiare e corteggiare.
Quando ci sposammo, ebbe paura
Dell’amore e di me e di tutte le cose umane;
Come il congedarsi di una giornata d’inverno,
Il suo sorriso si spense, e da donna che era si fece—
Più simile a una fatina spaurita.
Una notte, d’autunno, fuggì.da “La sposa del fattore”
Charlotte Mew non si identifica pienamente con nessuna delle correnti letterarie del suo tempo, pur entrando in contatto con figure di spicco come Ezra Pound, che pubblica una sua poesia su
«The Egoist», e frequentando la Poetry Bookshop di Harold Monro, che pubblica la raccolta The Farmer’s Bride. Thomas Hardy e Virginia Woolf sono tra i suoi ammiratori più illustri che riconoscono l’originalità e la profondità della sua visione poetica. Hardy, in particolare, la considera la migliore poetessa della sua generazione. La poesia di Mew, con la sua musicalità e il suo lirismo tagliente, è tuttavia troppo innovativa per gli ambienti conservatori e troppo legata alla tradizione per quelli più sperimentali. La sua scrittura riflette una crisi esistenziale che anticipa quella di molti autori modernisti, ma lo fa attraverso una sensibilità che resta profondamente radicata nel dramma personale.
Ma prima voglio la tua vita:—prima di morire voglio vedere
Il mondo che sta dietro la stranezza dei tuoi occhi,
Lì non c’è niente di lieto o fresco da ottenere, forse,
Eppure nei campi bruni cresce
Un conturbante fiore viola: non c’è forse un certo non so che in cieli grigi
E nel grigio del mare?
Voglio il mondo che sta dietro ai tuoi occhi,
Voglio la tua vita e tu non me la concedi.da “Sulla strada per il mare”

La sua riluttanza a promuoversi e la sua natura riservata contribuiscono inoltre a mantenerla ai margini del panorama poetico dell’epoca. Mew evita i circoli intellettuali, preferendo una solitudine che diventa sempre più opprimente. Le difficoltà economiche continuano a pesare sulla sua esistenza e su quella della sorella Anne. Negli anni successivi alla pubblicazione della prima raccolta, Mew scrive ancora poesie, che vengono aggiunte a una seconda edizione di The Farmer’s Bride nel 1921 e pubblicate postume in The Rambling Sailor (1929). Questi componimenti mostrano un’evoluzione stilistica, con una maggiore attenzione al tema della morte e un desiderio di fusione con la natura.
Gli ultimi anni della vita di Charlotte Mew sono segnati da ulteriori lutti e sofferenze. La morte della madre nel 1923 e quella della sorella Anne per cancro nel 1927 la conducono a una profonda depressione. Ricoverata in un istituto di cura di Marylebone, Charlotte Mew si toglie la vita il 24 marzo 1928, ingerendo del lisolo.
Ricordo stanze che hanno fatto la loro parte
Nel costante rallentare del cuore.
La stanza di Parigi, la stanza di Ginevra,
La piccola, umida stanza che sapeva di alghe,
E quell’incessante, esasperante suono di marea—
Stanze dove, nel bene o nel male—qualcosa morì.
Eppure vi è la stanza dove siamo noi (due) a giacere morte,
Sebbene ogni mattina a noi sembri di destarci, potrebbe
benissimo sembrare che ancora dormiamo
Come faremo altrove, nell’altro più silente e polveroso letto
Là fuori, al sole—alla pioggia.“Stanze”

Stanze
Charlotte Mew
Al centro della raccolta, “Notte bianca” si distingue per la sua potenza visionaria: un racconto che si fa allegoria inquietante del silenzio imposto dal patriarcato: più spaventoso della “Carta da parati gialla”, è stato definito il corrispettivo femminista dell’apocalittico Cuore di tenebra.
Chiude il volume una selezione di poesie che offre un’immersione nella sensibilità unica di Charlotte Mew.